Sarò molto franco con voi: il titolo che ho scelto è veramente poco appropriato per quel che vi sto per raccontare. Sì perché per una volta ho voluto usare un luogo comune per spiegarvi un accaduto, per l'appunto quel "roba da medioevo" che molto spesso si sente dire riferito a pratiche e usanze non proprio degne di un paese che si suppone moderno e "snello" nei suoi servizi essenziali ai sudditi...ehm...cittadini.
Ma veniamo al dunque: succede che lo scorso Marzo (sarà anche per questo che non scrivo da un po'!) mia moglie scopre di starmi per donare il primo erede. Ma non siamo qui per descrivere le sensazioni che può provare un futuro padre ai giorni nostri, siamo qui per descrivere quello che oggi, esattamente a cinque mesi dal concepimento del frutto del nostro amore, ho scoperto accade ed è accaduto a molte, moltissime madri italiane.
Succede, cioè, che il medico di mia moglie diagnostica una gravidanza a rischio, soprattutto in relazione alle condizioni in cui lei svolge il suo lavoro. Un caso normale, di fatto, niente "ER: medici in prima linea", ma un riposo cautelativo in vista dell'estate calda e della prossimo riposo per maternità obbligatorio; ovvero una astensione anticipata per maternità, così come chiamato anche dalle norme previste dal Ministero del Lavoro.
Tutto bene, fin qui: il ginecologo firma un certificato che viene prontamente ritirato e approntato per le pratiche a seguire...le pratiche con il moderno Stato Italiano...indovinate dove nasce l'intoppo? Nell'ordine una puerpera con gravidanza a rischio e con un certificato rilasciato da un medico (professionista laureato, specializzato e iscritto ad apposito ordine e albo professionale di stato) con il solo neo di essere "privato", deve:
1- recarsi all'ASL territoriale (e solo quella territoriale...) per una visita medica aggiuntiva con un medico "statale" e successiva vidimazione del certificato rilasciato da quello "privato", cosa che - si tenga presente - avviene solo per appuntamento, chiaramente;
2- recarsi all'ispettorato del lavoro per presentare i vari moduli e moduletti vari, in modo da certificare "in finis" le pratiche di astensione dal lavoro;
3- consegnare al datore di lavoro il certificato pronto.
A quanto pare le ultime due pratiche possono essere anche svolte via posta (posta, non e-mail, posta...) con delle brave raccomandate A/R. Chiaramente in questo caso i tempi si allungano e la futura mamma non potrà usufruire ancora della maternità, ma tant'è...è solo una gravidanza a rischio!
Viviamo nel XXI secolo, ci sono strumenti telematici ottimizzati anche per il più incallito dei burocrati con certificazioni e ammenicoli inutili (e costosi) vari, ma ancora tutto deve essere fatto "brevi manu" o via posta ordinaria, senza tener conto che una puerpera con gravidanza a rischio difficilmente potrà fare tutti questi giri con gli orari "massacranti" che il servizio pubblico offre (ci sono uffici aperti dalle 9 alle 11...).
Ma una mail certificata con l'attestato del mio dottore? Troppo poco?
Ecco perché "Roba da medioevo" non rende l'idea: la burocrazia medievale era straordinaria, per i mezzi dell'epoca. La nostra è comica.
Buena vida.
Ma veniamo al dunque: succede che lo scorso Marzo (sarà anche per questo che non scrivo da un po'!) mia moglie scopre di starmi per donare il primo erede. Ma non siamo qui per descrivere le sensazioni che può provare un futuro padre ai giorni nostri, siamo qui per descrivere quello che oggi, esattamente a cinque mesi dal concepimento del frutto del nostro amore, ho scoperto accade ed è accaduto a molte, moltissime madri italiane.
Succede, cioè, che il medico di mia moglie diagnostica una gravidanza a rischio, soprattutto in relazione alle condizioni in cui lei svolge il suo lavoro. Un caso normale, di fatto, niente "ER: medici in prima linea", ma un riposo cautelativo in vista dell'estate calda e della prossimo riposo per maternità obbligatorio; ovvero una astensione anticipata per maternità, così come chiamato anche dalle norme previste dal Ministero del Lavoro.
Tutto bene, fin qui: il ginecologo firma un certificato che viene prontamente ritirato e approntato per le pratiche a seguire...le pratiche con il moderno Stato Italiano...indovinate dove nasce l'intoppo? Nell'ordine una puerpera con gravidanza a rischio e con un certificato rilasciato da un medico (professionista laureato, specializzato e iscritto ad apposito ordine e albo professionale di stato) con il solo neo di essere "privato", deve:
1- recarsi all'ASL territoriale (e solo quella territoriale...) per una visita medica aggiuntiva con un medico "statale" e successiva vidimazione del certificato rilasciato da quello "privato", cosa che - si tenga presente - avviene solo per appuntamento, chiaramente;
2- recarsi all'ispettorato del lavoro per presentare i vari moduli e moduletti vari, in modo da certificare "in finis" le pratiche di astensione dal lavoro;
3- consegnare al datore di lavoro il certificato pronto.
A quanto pare le ultime due pratiche possono essere anche svolte via posta (posta, non e-mail, posta...) con delle brave raccomandate A/R. Chiaramente in questo caso i tempi si allungano e la futura mamma non potrà usufruire ancora della maternità, ma tant'è...è solo una gravidanza a rischio!
Viviamo nel XXI secolo, ci sono strumenti telematici ottimizzati anche per il più incallito dei burocrati con certificazioni e ammenicoli inutili (e costosi) vari, ma ancora tutto deve essere fatto "brevi manu" o via posta ordinaria, senza tener conto che una puerpera con gravidanza a rischio difficilmente potrà fare tutti questi giri con gli orari "massacranti" che il servizio pubblico offre (ci sono uffici aperti dalle 9 alle 11...).
Ma una mail certificata con l'attestato del mio dottore? Troppo poco?
Ecco perché "Roba da medioevo" non rende l'idea: la burocrazia medievale era straordinaria, per i mezzi dell'epoca. La nostra è comica.
Buena vida.
Commenti