Le colpe degli altri


Succede che una ragazza si distrae in modo che La Massa ritiene poco consono ad una Ragazza Per Bene, e che immagini registrate di tali distrazioni finiscano (più o meno misteriosamente) nel ribollente gorgo delle condivisioni posto esattamente al centro della galassia che chiamiamo web 2.0.
Commenti, risate, giochi goliardici di gusto soggettivo, battutine...quel video diventa un fenomeno virale, è ovunque anche solo nelle citazioni, chi non capisce cosa significhi quel «Bravoh!», con l'acca messa ad indicare la pronuncia aspirata dell'ultima vocale, viene sempre invitato ad aggiornarsi, a guardare il video, a farsi un'idea di quanto divertente e in qualche modo patetica sia quella scenetta rubata alla sua privatezza.
Quel che accade dopo è che la protagonista del video si sente violata in quella stessa medesima privatezza, che la pressione che si sente addosso la porti a cercare di sparire. Cambiando città. Cambiando nome. Decidendo che, probabilmente, togliersi di mezzo definitivamente sia l'unica soluzione per lavare l'onta. E lo fa appendendo il suo collo ad un foulard...


Improvvisamente La Massa si scopre indignata: come è potuto accadere, si domanda, che una ragazza che non stava facendo niente di male sia stata così brutalmente messa alla gogna? Come si è arrivati a costringere una persona a togliersi la vita per la vergogna? Come, ma soprattutto Chi?
Nel suo brulicante processo cogitativo La Massa (giudice, giuria e giustiziere) decide che la colpa è evidentemente nel mezzo e nelle possibilità che esso concede a chiunque lo voglia utilizzare: è il Web che va condannato, in toto, perché solo nel Web è possibile condividere certe cose e riderci sopra, solo il Web ha la capacità di amplificare fatti privati apparentemente poco significativi in indesiderate notorietà, solo nei suoi meandri si può annidare il virus del chiacchiericcio pruriginoso, del pettegolezzo, arrivando a raggiungere bacini di ascolto mai visti finora. La sentenza è emessa. La Massa ha parlato.


Varrebbe la pena ricordare quante giovani donne sono state costrette a sposare uomini che hanno poi detestato per un capriccio giovanile, che fosse loro o di quegli stessi uomini; quante hanno visto la loro vita distrutta dalle chiacchiere delle comari; quanti hanno finito la loro vita nel peggiore dei modi, costretti a gesti eclatanti contro se stessi o contro altri dalle enormi energie sprigionate da quegli occhi che osservavano dietro le tapparelle, da quei gomiti che si colpivano complici al loro passaggio, da quelle risatine. E tutto questo prima ancora che si avesse la benché minima idea di cosa dovesse essere un computer...figuriamoci il Web.
Varrebbe la pena ricordare quanta ipocrisia ha permeato e permea la La Massa Benpensante Italiana, quanto cattolicissimo fariseismo ha condito la nostra storia popolare più intima, quanto appassionato e molto malamente celato impegno viene messo nel leggere, ascoltare e condividere il gossip più cafone e insulso.


Vale la pena ricordare tutto ciò a quanti si sono autoeletti a difensori della dignità umana, pubblici ministeri senza nomina impegnatissimi a chiedere a gran voce che a questo Web si metta una qualche sorta di filtro, un freno: imparino ad usarlo, il Web, imparino a viverlo, a cambiarlo da dentro. La censura è solo un'altra mano di vernice bianca al sepolcro.


Buona vita.

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