Le sfide della sinistra moderna

Diversamente da quanto abitualmente previsto all'interno di questa categoria, ho voluto redigere una recensione ad un articolo di Luciana Castellina sul Manifesto del 7 Novembre scorso, in cui si prende spunto dalle celebrazioni per il Centenario della Rivoluzione di Ottobre per trattare un tema quanto mai delicato, nell'era della post ideologia. Ovviamente si tratta più di una "lettura critica" che di una vera e propria recensione, ma ho ritenuto valesse in ogni caso la pena di fissare il commento dell'autrice in una categoria che meglio lo rappresentasse in senso più generale.


Il compito che si pone l'autrice fin dall'incipit è dichiaratamente quello di definire, nell'epoca che stiamo vivendo, il ruolo esatto di un militante politico che possa definirsi comunista. Una domanda affatto banale e di non facile definizione, fosse solo per il dubbio sulla sensatezza di una definizione di appartenenza politica così netta e così lontana nel tempo.
Cosa dovrebbe fare, oggi, un «militante comunista occidentale nella sua attività giorno per giorno»? Quale ente socio-politico può prendere il posto del proletariato, ormai inesistente «nelle forme che conoscevamo»? In un certo senso, riassumendo il tutto, quali letture sono necessarie oggi per far evolvere quanto proposto dal comunismo di allora, portandolo ad una fruibilità politica, sociale (e culturale, quindi) più moderna e rispondente alle nuove necessità?


Già, perché non vi è dubbio alcuno circa la reperibilità di quel che un tempo è stato il Proletariato, una classe che l'autrice definisce «frantumata socialmente, economicamente, culturalmente [...] geograficamente dispersa», stato che non può che dipendere principalmente dalle moderne forme di lavoro, che hanno destabilizzato (se non eliminato, almeno localmente) la collettività, favorendo in modo crescente l'individualità lavorativa e - in conseguenza - sociale. Ed è proprio la ricomposizione del soggetto socio-politico centrale a dover diventare il primo compito di una forza comunista.
Vorrei, in tal senso, fare un parallelismo (ardito, considerato il contesto...) con la situazione politica italiana, in particolar modo in seno alla Sinistra, la quale continua a fingere di non sentire il dolore che ormai l'attanaglia dallo scioglimento del Partito Comunista Italiano...anziché curare le ferite dolenti, di presentarsi con vesti nuove e più adatte ai tempi correnti, anziché, cioè, discutere sul "Cosa diciamo?" ci si è soffermati al "Chi siamo?", in molti casi rimanendo impassibili a mirare rughe e acciacchi allo specchio, mentre altre forze prendevano il controllo e delle tematiche riformiste e di quelle sociali.
Oggi assistiamo all'ennesimo balletto utile solo a rispondere alla seconda domanda, se non - peggio - a trovare un senso delle cose nel mero calcolo elettorale...ma resta esattamente quanto Castellina propone: rinsaldare i ranghi, trovare il modo di dare identità, ordine e compattezza alla società che ci vogliono far credere liquida, e rappresentare per essa quantomeno il corrispettivo politico in grado di sostenerne le istanze. Finché questo non verrà fatto per davvero, la Sinistra verrà costantemente doppiata da quelle forze (probabilmente più "fresche", e quindi più abili a dialogare con le nuove forme sociali) ideologicamente contrastanti se non opponenti (vedi populismi e destre estreme).


In tal senso (andando ad anticipare un po' la tematica, proposta più avanti nell'articolo), l'autrice chiede di rivedere le dinamiche che legano la rappresentanza politica più pura, il Partito, con ciò che negli ultimi anni ha permesso almeno la continuazione dell'attivismo in diverse forme, il Movimento: di fatto oggi «anche il migliore dei partiti è portato solo ad autolegittimarsi politicamente, ignorando le istanze dei movimenti [...], ma questo non si significa che il problema della strategia ce lo si possa mettere alle spalle». La necessità dei Movimenti quali enti aggreganti, quasi vitali ai fini del mantenimento del fuoco partecipativo, pur importantissima è da rivedere e ridimensionare, alla luce delle nuova necessità e del contesto democratico in cui ci si vuole muovere. Contesto che andrà riformato e rivisto per arrivare ad una gestione della società, oggi parzialmente eclissata da un senso delle istituzioni che si vuol far tendere alla sola partecipazione elettorale, punto sul quale solo una forma partitica, magari rivista e corretta, ma comunque centrale, può operare. Abbiamo cioè serrato i ranghi e definito il perimetro sociale entro il quale eleggere l'ente protagonista dell'azione politica; non resta, per far sì che questa azione sia davvero politica e orientata alla costruzione oltre che all'atto di rottura e protesta, è necessaria una regia coordinata e coordinante che (pensandola in parallelo alla Rivoluzione d'Ottobre) non sia solo promotrice e guida della "insurrezione", ma anche operatore per «la riappropriazione cosciente delle funzioni svolte dalla burocrazia statale, per la gestione sociale».
Proseguendo il parallelo con la situazione della Sinistra italiana, diventa chiaro che solo in seconda istanza l'assunzione delle responsabilità politiche da parte di un singolo e coeso soggetto partitico diventa importante: perché al di là della prima fase già descritta, sarà dunque necessario compattare e superare l'esplosione movimentista degli ultimi anni, senza rinunciare ai Movimenti stessi, ma facendo punti di ingresso o di uscita, facendone valvole e sensori di un meccanismo ben più grande. Compito non certo semplice...


Resta una domanda di fondo a cui, francamente, non saprei dare risposta, e che ho avuto l'impressione di mettere in qualche difficoltà l'eccellente Luciana Castellina: a fronte di quella che definisce privatizzazione del potere, dello spostamento del potere decisionale (anche politico) dalle aule parlamentari alle meeting room delle grandi multinazionali e delle holding, dove trovare il vero nemico, se presente? Su cosa porre gli accenti? «Dove si trova oggi il Palazzo d’Inverno»?
Non è l'assenza di un nemico il problema, ma la sua individuazione. Non sono gli strumenti a disposizione per rimarcare la centralità di quella Società da ricompattare a mancare, ma le corrette condizioni di utilizzo degli stessi...
In buona sostanza, per la Sinistra, si tratta di saper generare le giuste domande, finendola di affannarsi a cercare prima di tutto la risposta più giusta, in una gara totalmente inutile e aliena dai problemi reali di quella società da ricompattare di cui sopra.


Nessuno può dire che sia un compito facile. Ma almeno comincino a parlare...

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