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L'appartenenza ad un "popolo di...[inserire qualifica a scelta]" costringe la maggior parte dei cittadini italiani ad occuparsi di un po' di tutto con lo stesso piglio di un luminare della materia, appena sceso dal palco del convegno più importante per prendersi la meritata standing ovation: se è difficile che si abbiano dubbi sulla profondità della propria conoscenza dell'argomento, figuriamoci quanto possa esserlo individuare le specifiche lacune (teoriche e/o pratiche) e i limiti che un osservatore, pur qualificato da lettura più o meno approfondita sui media (tanti...) a disposizione. Eppure la corsa al "te lo dico io" è sempre più presente, in epoca Social, con l'aggravante ridicola e urticante del ribaltamento dell'onere della prova, ove necessario.
Certo, ironico dirlo dalle pagine di un blog, capitale mediatica di quella tuttologia spicciola che ammorba un po' tutti...ma, almeno qua, non si è mai cercato di speculare di questioni più grandi di noi senza premettere che di punti di vista e opinioni si tratta. Perché, se è vero che anche per farsi un'opinione sarebbe il caso di avere gli strumenti per comprendere anzitutto, è anche vero che tra il pontificare su teorie socio-economiche avendo letto un paio di articoli linkati su Facebook e il dare la propria opinione (opportunamente pesata) sul risultato delle elezioni sono due cose ben diverse.
Il problema, a mio vedere, non è tanto l'impulso a parlare di ciò che si conosce solo per sommi capi, quanto lo scrollare le spalle utilizzando quel "...d'altronde siamo un popolo di...". E non è un caso, a tal proposito, che il dibattito politico (a livello popolare ma non solo) sia diventato la cosa più simile al tifo calcistico: nel contesto del famoso "popolo di commissari tecnici" non c'è mai stata reale capacità di analisi dei problemi e dei contesti in cui affrontarli e dunque risolverli, la formazione ce l'ha sempre fatta il giornale, la radio, l'opinionista di riferimento. Solo dopo, credendo di "essersi fatti un'idea", abbiamo avuto la pensata di mettere Candreva nel centrocampo a cinque anziché in un attacco a tre...
Stiamo peggiorando? Certo non rischiamo di migliorare, se il Ministro dell'Interno decide di affidarsi anima e corpo a proclami di una certa importanza politica su un Social Network, adottando l'immaginario grafico e letterale di quel contesto come se si parlasse di youtuber e non di problemi di ordine pubblico o di immigrazione. Ma fa anche parecchio gioco l'ingresso dei Social stessi nella vita di tutti, indistintamente (compresi tutti i potenziali CT da Bar Sport), il che assume un'importanza notevole considerato il livello di interazione che si ha oggi con i protagonisti della vita politica.
Tutto sommato è un momento interessante, se non fosse gravissimo...

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