La fabbrica del consenso (questione di preposizioni articolate)

Parlare di populismi è diventato un argomento sufficientemente scivoloso nell'epoca dei "serve and volley" dialettici di stampo sociale. Una viscosità fastidiosa per chi bada bene al senso delle parole, per quanto nuove e artatamente costruite nell'ambito della narrazione giornalistica, e magari si sente rispondere che essere (appunto) populista dovrebbe essere un vanto, perché significa "lavorare per il popolo", fare in modo che ogni decisione sia presa nel suo interesse, dandone addirittura un'accezione partecipativa che nei fatti non ha.


Parliamo di una questione di preposizioni articolate corrette, fondamentalmente, perché parliamo di una serie di politiche che non sono PER IL popolo...ma DAL popolo, CON IL popolo...
Cerco di spiegarmi meglio: un'iniziativa di governo che vada a fondo sul problema della più equa ridistribuzione del reddito è per il popolo, mentre un decreto legge tirato fuori in fretta e furia per mettere la spunta su una voce "promessa" in campagna elettorale, senza avere presupposti ottimistici di risolvere l'oggetto del contendere, è dal popolo, fatto cioè per fornire perlopiù un placebo che dia l'apparenza di un lavorio, se non uno strumento simil elettorale adatto alla raccolta voti; una proposta di legge sulla concessione di diritti umanamente indispensabili e non più derogabili ad una minoranza (sociale, etnica, sessuale, religiosa...) è un atto per il popolo, mentre un'iniziativa unilaterale volta ad accontentare la pancia dei cittadini, impedendo ad esempio l'approdo a mezzi impegnati nella ricerca e nel soccorso di popolazione migrante è un atto emesso con la pancia del popolino, messo in piedi ad hoc per sfamare bassi istinti che magari si è contribuito ad alimentare...


La differenza è netta, ma è il fine che è più preoccupante, quando nel mare di comportamenti da bar ai livelli istituzionali più alti si fanno passare leggi con interessi terzi.


Vedremo...

Commenti