Senso civico: uno spiegone necessario

In tanti post di questo blog vengono fuori sinonimi di "senso civico", contestualizzati in aspetti e vicende di diverso tipo, e non vorrei affatto diventasse una sorta di mantra o, peggio, di manifesto "politico".

Me la prendo, sì, con l'assenza di amore per la cosa pubblica che negli ultimi anni sembra essersi fatto diffuso, ma di fondo andrebbe spiegato anche come si è arrivato a tutto questo: è un problema di sola educazione e/o di sua carenza? Parliamo di una rottura generazionale che ha portato ad una nuova leva di buzzurri incivili? Siamo tutti impazziti? O forse c'è, sullo sfondo, qualcosa che ha man mano degradato le ragioni del rispetto per il bene comune, fino a sfociare in atteggiamenti di totale indifferenza, quando non di assoluta ostilità?
Se questi comportamenti, che siano disamore o totale indifferenza, sono diventati un problema per i loro effetti più diretti, sarebbe doveroso comprenderne le cause e agire di conseguenza, anziché operare ingenue azioni di maquillage estemporaneo dai propositi in fondo buoni ma dai modi e obiettivi spesso completamente sballati (vedi le varie opere di retake), o peggio adoperandosi in sforzi istituzionali coercitivi (vedi la smania da ordinanza comunale) oggi tanto in voga, con conseguenze a volte disumane e alla fine rivolte, come sempre, agli ultimi e già emarginati.

Ecco, forse è proprio lì la fonte di tutto: nell'alienazione coatta a cui siamo sottoposti ogni volta che siamo costretti a circolare nel loop del "produci-consuma-crepa" delle nostre città; nell'abbandono (e nella mirata condanna da parte dei media di parte, in un meccanismo autoalimentante) del pubblico da parte dell'istituzione, apparentemente costretta al ricorso al privato; nella gentrificazione di spazi sempre più grandi delle nostre città, così come nella centrifuga esclusione delle periferie dal processo produttivo; nella resa alle logiche di mercato anche nell'erogazione di beni primari, come per il diritto all'abitare, e nella cieca abdicazione (anche qui) alle "capacità gestionali" private, e quindi alla sola logica del profitto.

Nello sfaldamento, cioè, di una struttura civica primaria e pubblica, di quel bene comune di cui si condanna l'abbandono da parte dei cittadini, magari stremati da vere e proprie lotte quotidiane, fosse anche solo per spostarsi.

Facile poi puntare il dito.
Come pure, spesso, è facile arrendersi all'evidenza e lasciare che sia, va detto: non riuscirò mai a tollerare l'indifferenza, l'incuria, soprattutto quando ampiamente ostentata.
Ma non è in questo blog che si vuole indirizzare la condanna verso l'incuria del singolo, almeno non senza averla inquadrata in un contesto ben più complesso di quanto ci raccontino.

Perché se il ripristino di normali condizioni civiche in una città (specie in una complessa come la Capitale, in cui mi pregio di vivere) deve passare dalla cancellazione di quattro tag sul vagone di una metro, dall'allontanamento di qualche straniero che campa sulla vendita di mutande sul marciapiede o, peggio, di un senza tetto che vuole scaldarsi sulla grata di un magazzino o sulla panchina di un parco...beh, fanculo al decoro, allora! Lo dico senza mezzi termini.

Il senso civico passa, perciò e inevitabilmente, dall'aggiustamento delle condizioni sociali più consone e dal riallacciamento dei normali rapporti nervosi tra centro e periferia, dal ristabilirsi di un senso sociale istituzionale e dall'allontanamento delle logiche mercatali da ciò che dovrebbe solo essere gestione della cosa pubblica.

Noi possiamo fare certamente molto, e dovremmo riscoprire quantomeno il rispetto per gli altri. Ma non dobbiamo mai smettere di porci domande e incazzarci.

Torneremo sull'argomento...

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