Roma e la pasta

Ogni tanto si sentono cose strane dalle persone, che, invogliate dalla smania televisivo-culinaria degli ultimi anni, tendono a confondere la pratica mangereccia con quella della creazione dei piatti; e peggio ancora va quando si parla di teoria, tecniche e storia.

Essendo professionalmente orientato al tecnicismo, intellettualmente attratto dalla storia e appassionato di cucina (specie se tradizionale, specie se delle tradizioni a me più vicine), provo sempre un brivido alla schiena a sentire certe ardite associazioni e ipotesi culinarie.

Leggevo per esempio su uno dei vari spazi social che mi capita di frequentare una discussione sulla Gricia, in cui, tra le varie conclusioni, è venuto fuori che:
  • la madre di tutte le paste romanesche è la Cacio e Pepe, tutte le altre sono da questa derivata;
  • la Gricia è al contempo una versione in bianco della più famosa Amatriciana e una proposta con meno colesterolo della Carbonara;
  • la Cacio e Pepe è il piatto più semplice di tutti, per quello è la più antica;
Senza voler andare a sfatare ognuno di questi miti (ci vorrebbe un mese a scrivere tutte le assurdità antistoriche e antitecniche che ho letto), mi sembra opportuno chiarire che parliamo di piatti con provenienze completamente diverse, con preparazioni lontanissime tra loro e con storie ancor più diverse: non basta, insomma, che pecorino e guanciale siano un punto di unione di gran parte dei piatti più famosi a Roma!

Partiamo intanto col dire che, come ovunque ma in special modo in una città così importante, tantissimi piatti sono l'evoluzione di altri piatti dei dintorni e che sarebbe più corretto parlare di cucina regionale piuttosto che di una singola città.
Prendiamo l'Amatriciana (per cominciare): originaria di Amatrice, in provincia di Rieti, è uno dei primi piatti della tradizione locale più famosi nel mondo. Guanciale, Pecorino e...pomodoro! L'elemento caratteristico, infatti, è stato certamente introdotto dopo l'arrivo dell'ortaggio dall'America, a partire però da un altro piatto di origine incerta ma sicuramente molto diffuso tra i pastori al lavoro tra Lazio e Abruzzo: la Gricia. Già...la Gricia non è un'Amatriciana in bianco, semmai è il contrario, è il piatto senza pomodoro ad essere progenitore di una variante più elaborata con basi comuni: la bisaccia di ogni pastore conteneva cacio/pecorino, pasta essicata, pepe e guanciale (se non direttamente guanciale conservato al pepe), la base di un piatto a cui poi vennero aggiunti i pomodori secchi, e poi una preparazione più elaborata e più adatta ad un piatto casalingo o, ancor meglio, da ristorazione. Ecco quindi che, dopo aver rosolato il guanciale in olio d'oliva, si sostituisce la sfumatura con l'acqua di cottura con quella "sgrassante" al vino bianco, cui poi si aggiungono i pelati da conserva al posto dei primi rustici pomodori essicati, e magari un pizzico di peperoncino. Una rivoluzione che vale una nuova tradizione.

Di certo nulla c'entra con la Gricia l'altra protagonista dei piatti della capitale, la Carbonara: a rigor di ricerca storica, non c'è nulla di antico in questa ricetta ormai entrata prepotentemente di diritto nel novero della tradizione, trattandosi molto probabilmente di una ulteriore variante della Cacio e Ova già conosciuta a Roma e proveniente dalle tradizioni campane, molisane e abruzzesi (ma non solo), con l'aggiunta del guanciale o della pancetta al posto delle sugne e dei lardi utilizzati qua e là.
Pancetta, avete letto bene: con tutta probabilità, infatti, il piatto risale all'occupazione Americana, quando anche le cucine dei ristoranti dovevano adattarsi al materiale a disposizione e qualcuno dovette inventarsi un piatto dal sapore tradizionale usando le uova liofilizzate e il bacon. Con questo non voglio dire che la ricetta corretta (che non c'è, non essendoci un disciplinare come per l'Amatriciana) richieda pancetta al posto del guanciale, che sicuramente dà quel sapore di tradizione del posto ben più marcato, ma solo che non sarebbe un'enorme bestemmia.
Confondere la Carbonara con la Gricia è invece un delitto storico, perchè la seconda è un piatto tecnicamente riducibile a qualcosa di molto più semplice eadatto a tasche e capacità di pastori al pascolo, e davvero un delirio tecnico: il guanciale diventa più croccante e "scottato" direttamente insieme al suo grasso, senza olio e senza sfumature di sorta, l'aggiunta di pepe e pecorino è contestuale alla generazione della pallocca di rossi d'uovo (la stessa della Cacio e Ova), e la padella d'acciaio può venir sostituita dalle varie cunculine della cucina tipica romana. Come dire, insomma, che polpette e straccetti sono lo stesso piatto in quanto fatti di carne di manzo...

Ancora diverso il discorso della Cacio e Pepe, che ha probabilmente condiviso le origini rurali della Gricia (vedi il contenuto della bisaccia di cui sopra), ma che se ne distingue chiaramente per tecniche di preparazione e utilizzo degli ingredienti comuni: paradossalmente la presenza di una pallocca di cacio/pecorino e pepe, amalgamata con acqua di cottura, la rende più vicina alla Cacio e Ova e quindi alla Carbonara, ma è molto più probabile immaginare non una variante ma un piatto distinto ad espandere il povero menù dei pastori erranti.

In ogni caso nessuna storia, nessuna tradizione, nessun tecnicismo specifico potrà mai contraddire una verità assoluta che tutti, in qualunque modo la si pensa, hanno l'obbligo di riconoscere: ognuno di questi piatti, molto più di tanti altri piatti della tradizione, hanno conosciuto negli anni evoluzioni, riformulazioni, sviluppi e varianti che li hanno quasi certamente trasformati rispetto alla ricetta originale. Ma, soprattutto, hanno conosciuto una versione specifica non già tra città e paesi limitrofi, ma tra quartieri...anzi, tra famiglie!

E ognuna, senza distinzione, ha il diritto e il dovere di pensare di avere la ricetta perfetta per la Carbonara, l'Amatriciana, la Gricia e la Cacio e Pepe migliori di tutta Roma: c'è sempre da "leccasse li baffi"...è così che ha sempre funzionato la cucina tradizionale, in fondo, di famiglia in famiglia, di genitore in figlio!

Buona Domenica

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