Diario dell'isolamento: giorno 18

Così si avverano le profezie, quelle che vedevano nel telelavoro un'opportunità incredibilmente ghiotta di risolvere l'eterno conflitto (almeno in seno alla società del capitale) tra vita lavorativa e vita famigliare/personale, che si sarebbe sciolta come neve al sole di fronte al demone della produttività e dell'abitudine a chinare il capo ad ogni nevrastenia dell'ordine costituito. Mettiamoci anche la situazione di quarantena che ci costringe tutti a casa (per una buona causa, certo) a complicare ancora più le cose...ma è evidente che il tempo libero non sembra diventare così libero una volta al lavoro dalle comodità domestiche.

Sarà perchè l'ufficio diventa parte integrante della propria familiarità, arrivando a sconfinare in spazi dove (almeno normalmente) non avrebbe mai avuto accesso. Sarà perché la costante reperibilità alla quale eravamo già abituati si è espansa fino a coprire l'intero arco di veglia di ogni singolo lavoratore. Sarà perchè il PC è così a portata di mano, e la rete così ben funzionante, da non farci mai sentire la necessità di staccare davvero e di dire "no" di fronte alle richieste fuori tempo massimo.
Sta di fatto che questo post dimostra come avere più tempo non significa necessariamente saperlo impiegare, arrivando al paradosso di non riuscire ad aggiornare in tempi normali un blog che (almeno negli ultimi tempi) aveva conosciuto periodicità ben precise.

C'è anche da dire che c'è poco di cui parlare, talmente forte l'egemonia che il virus ci ha imposto...eppure di temi ce ne sarebbero tanti, anche inerenti a questa situazione.

Uno su tutti, per esempio: non posso non provare profonda vergogna a lamentarmi per i dolori dello smartworking d'emergenza quando c'è gente che, ancora oggi, pur svolgendo lavori di produzione non essenziale, è costretta ad andare al lavoro giorno dopo giorno, magari salendo su mezzi pubblici ancora troppo affolati di consimili, e dovendo stare a stretto contatto con un altissimo potenziale di contagio. Ancora c'è, insomma, il dio della produzione e del capitale a dettare legge financo sulla salute dei suoi schiavi.
Anche perchè di alternative non ce ne sono: o lavorano e mettono a rischio se stessi e i propri cari, o lo fanno allo stesso modo non lavorando, chè di soluzioni di redistribuzione e di tamponamento sociale non ce ne sono ancora all'orizzonte...

E mi lamento io, graziato dalla possibilità di lavorare da remoto?

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