State in casa

Volevo far passare un mese esatto dall'ultimo post. Volevo riprodurre anche sul blog (che ultimamente ero riuscito a popolare in modo più regolare) quella specie di svuotamento improvviso delle certezze quotidiane che questa quarantena ci sta lasciando.

Ovviamente, non ci sono riuscito. Mancanza o forse peggio.

Se mai in passato ho mal digerito e denunciato l'alienazione da routine giornaliera, da lavoro vitale che diventa vita lavorativa; se mai ho inveito contro la sindrome da abitudini professionali che scandiva le nostre giornate in colazione-doccia-lavoro-spesa-divano (con poche varianti per i più organizzati e indomiti); se mai ho odiato la vita divenuta funzione del miraggio settimanale di un tranquillo weekend di stacco...se mai, insomma, ho avuto in odio quel che l'attuale modello sociale, lavorativo ed economico ci propone come surrogato di una vita piena e vissuta - come se fosse bastato cambiare abitudini e punti di vista per riportare umanità nella condizione di un qualunque lavoratore - beh, non avevo idea di ciò che poteva essere continuare a lavorare da casa in condizioni di clausura forzata dall'emergenza sanitaria...

C'è di peggio, lo so, ce lo siamo detto in tutte le lingue, l'ho declinato in tutti i distinguo possibili e immaginabili (da me, ovvio). Eppure non posso non vedere come la routine da quarantena sia ancor più mortifera del solito.

Non dico che mi mancano le ore di traffico, non dico che sia preferibile l'asettica e ipocrita presenza in sede, contando ore che non passano mai e che ci dividono dall'effimera libertà affatto defaticante del dopolavoro (quale che sia). Ma riesce difficile immaginare la gestione da remoto delle proprie mansioni produttive in un contesto forzoso, che ti costringe a stare in casa se non per estrema ratio.

Già, perchè dalla sensatezza dello "state a casa" a prevenzione degli eventuali contagi, si è arrivati molto rapidamente (e, per come la vedo io, prevedibilmente) allo "state IN casa", degenerazione autoritaria e priva di fondamento dell'originale presidio sanitario.
Non devo certo spiegare io che basta dare un minimo di discrezionalità ad una divisa da renderla strumento di repressione acefala...non devo certo tornare, oggi, a cercare di capire quali danni possa fare un povero cristo che corre dietro alla sua forma fisica o la mamma che porta a passeggio due bambini. Perchè il punto - lo abbiamo capito tutti, essendo una delle tre uniche cose messe effettivamente in atto per contrastare l'espansione della malattia - era quello di evitare gli assembramenti e mantenere in generale un distanziamento di sicurezza. Eppure c'è chi sostiene, stando dal lato opposto alle divise istituzionali, che sia giusto così, che "se poi inizia uno, lo fanno tutti". Tesi indimostrabile, che porterebbe a derive poco arginabili (siccome ci sono troppi incidenti di auto, vieto a tutti di usarla, anzichè riportare tutti al rispetto di regole già esistenti...), e che comunque parte da ragionamenti capziosi e pregiudiziali.

Tant'è.

Dobbiamo ancora stare IN casa. A qualunque costo.

Siete tutti pronti a pagarlo? Davvero?

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