In tutto il 2019 questa epidemia ha prodotto quasi 1100 vittime e fino a 640 000 feriti, praticamente 3 morti e 1700 feriti al giorno...una guerra, che o
gni tanto una testata giornalistica si degna di analizzare. Solo che non parliamo di irresponsabili da biasimare ammalatisi dopo una festa, ma di gente morta per vivere: parliamo di morti sul lavoro.
Non ho nemmeno più voglia di andare a inquadrare il fenomeno in un modo o nell'altro, ma è evidente che stiamo pagando il benessere (di chi?) molto più di quanto non ci ripaghi: il mondo viaggia velocissimo, la produzione deve essere rapida e la consegna ancora più rapida, abbiamo indici da migliorare, parametri da rispettare, certificazioni da mantenere, revenue da guadagnare...solo che il costo è troppo spesso in vite umane, anzi il problema è proprio che tutto quanto sopra debba avvenire "ad ogni costo", e in quell'ogni c'è davvero tutto.
Di lavoro si muore, ancora nel 2020, ma ci si ammala anche. Fisicamente o mentalmente. Ci si esaurisce, ci si depaupera, perché non si è più solo ingranaggi, si è pezzi intercambiabili di un mostro meccanico che divora chi lo muove, tranne i soliti pochi macchinisti.
E dire che qualche illuso aveva pensato che questa pandemia sarebbe stata la chiave di volta di una nuova società, di nuove abitudini, di una ricalibrazione degli equilibri più orientati al benessere vero degli individui. Invece ha solo esacerbato la situazione, basti pensare alla brillante idea di applicare il lavoro da remoto anche a chi dovesse incappare in una quarantena fiduciaria per contatto con contagiati...
Menomale che è venerdì
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