Scudi umani

Viviamo un periodo di tensioni crescenti, come tutti i periodi critici, tra l'afasia rantolante del modello economico ci siamo dati, la conseguente reazione rabbiosa - nemmeno troppo dissimulata - di chi fino a ieri ci mangiava, la guerra interpretata e usata molto hegelianamente a smuovere un po' le acque da troppo tempo stagnanti, ché evidentemente non erano bastate tre crisi economiche in 30 anni per rafforzare lo strapotere del capitale sulla vita umana, e, infine l'ambiente in sofferenza, per il quale si chiede lo sforzo di tutti, basta non chiedere nulla a quell'1% che il disastro lo ha iniziato, coltivato e accresciuto, nonostante gli appelli quarantennali.

Eppure, a discapito di questa mia pretesa convinzione che ci sia una chiara ed evidente regia dello scenario pre apocalittico che stiamo vivendo (il modello economico-politico-sociale che condividiamo con la madre patria oltre oceano), con diversi attori protagonisti e comprimari di livello autorevole, sempre tutti ben chiari, e nonostante tutto questo sia evidentemente generato da una sparuta minoranza a discapito di tutti gli altri, quel fenomeno dal sapore vagamente feudale della povera gente che si sbraccia per difendere i diritti dell'oligarchia e della sua galassia vassalla, al netto di qualche rigurgito di orgoglio per questo o quell'argomento.

Curioso sarebbe dare una lettura più fine di questa fenomenologia, almeno negli aspetti odierni: se un tempo il servo della gleba sperava di ingraziarsi il signore, se più avanti secoli di oppressione e povertà portavano le vecchine del paese a sperare che i dolori del signorotto locale cadessero su loro poveracci "ché i poveri sono abituati a soffrire", oggi, dopo tentativi di emancipazione non proprio timidi (un paio di rivoluzioni da sole dovrebbero esser già bastanti) e un sistema di redistribuzione consolidato che, in teoria, dovrebbe garantire equità e uguaglianza, cos'è che spinge un cittadino qualunque a protestare contro la contrazione forzata del potere dei più ricchi? Perché il proprietario di un bar di provincia dovrebbe sentirsi minacciato dalle misure di redistribuzione del reddito che colpiscono i grandi patrimoni?

Le motivazioni sono molteplici, specialmente per la massa di commercianti, microimprenditori ed esercenti che di volta in volta si sente rappresentata politicamente da chi propone garanzie alle imprese, come se loro facessero parte di quella schiera. Ma non solo per loro. C'è il terrore (per lo più indotto a piccole dosi, anno dopo anno) del grande pericolo genericamente identificato come Comunista, del mostro pronto ad impoverire tutti per rendere tutti uguali, della roba sottratta per decreto, da una parte; e c'è la speranza (anche questa perfettamente indotta, come succede dall'altra parte dell'Atlantico con la puttanata del Grande Sogno Americano) di poter un giorno aspirare alle stesse ricchezze, di diventare uno di "loro". Come se (l'impossibile evenienza di fare) i soldi fossero davvero la condizione necessaria per il potere, la chiave per elevarsi dalle sorti della povera gente.

D'altronde, se è vero che la più grande vittoria del capitalismo è quella di aver convinto tutti che non esiste alternativa, la più grande vittoria dei ricchi è aver convinto i poveri a scannarsi tra loro per prendere le loro parti.

Eppure il vento soffia ancora...


Commenti