Berlusconi, i precari, Ciarrapico e il senso dei fatti

Accade così, che in una serata come le altre, una giovane come tante altre (qualunque cosa voglia dire la parola giovane), tal Perla Pavoncello, viene invitata in una trasmissione di quelle serie, quelle targate Mamma Rai, con la possibilità di rivolgere una domanda ad un politico. Non uno qualunque, ma un pezzo da novanta, uno di quelli candidati a guidare il paese nei prossimi cinque anni (o giù di lì...): Silvio Berlusconi. La giovane - a quanto ci si dice - dovrebbe essere vicina a quello che forse è il problema più sentito dai giovani italiani, vale a dire la condizione di precariato lavorativo, e, come inevitabile, una sua domanda va a vertere proprio su questo punto: "Come può progettare un futuro sereno una giovane coppia con lavori da qualche centinaio di euro al mese?", è più o meno il senso della domanda. Secca, concisa, diretta. Una bella domanda, soprattutto perché nella maggioranza dei dibattiti politici quando si parla di economia e lavoro si tirano fuori termini tecnici o quasi-tecnici che la maggior parte delle persone neanche capisce bene. Invece stavolta no, la domanda è precisa. L'onorevole Berlusconi se la ridacchia, per la precisione una smorfia suadente delle sue, un sorrisetto sghembo e l'occhietto marpione di chi sa di poter far colpo: è in arrivo la battuta, lo vedo, è chiaro come il sole...quando fa così, quando il suo busto si flette in avanti sulla seggiola ad avvicinarsi all'interlocutore, alla ricerca di un'intimità sodale, di una complicità, è in arrivo la battuta, il colpo di scena comico che dovrebbe servire a sdrammatizzare tutto e a far sorridere anche del più serio dei problemi. "Sposi un milionario!", è in sintesi la risposta dello spiritoso politico-imprenditore.
Il mio sopracciglio si alza, incerto se credere o meno alla seria volontà di far ridere di Berlusconi. Ascolto la parte seria della risposta con lo scetticismo ed il cipiglio critico di chi sente discutere di massimi sistemi un giullare che si è appena tirato una torta in faccia, o comunque con lo stesso identico atteggiamento che, invece, dovrebbe assumere chiunque si appresti a decidere a chi devolvere la propria crocetta il giorno delle elezioni. La risposta rimane un po' troppo generica, già sentita, tra l'altro, ma non mi aspettavo certo grandi progetti in pochi minuti di trasmissione: libri meno cari per gli studenti, nuove case a basso costo, numeretti e cifre varie che dovrebbero farci capire quando il PdL farà per i giovani, precari e non.

Ma non è quello che mi turba. Non è il contenuto programmatico della sua risposta, ma quella battuta. Agghiacciante, simpatica come una martellata sullo scroto per chi quel problema lo vive tutti i santissimi giorni del calendario, con un grado di buon gusto e di opportunità degno di una risata ad un funerale. E soprattutto mi agghiaccia la reazione della giovane: un sorriso, un risolino compiaciuto e una "spalla" alla battuta, una condivisione. Una reazione che mi ha fatto anche pensare alla combine, se non fosse che la ragazza in questione è stata raggiunta dai giornalisti e dimostrata quale reale lavoratrice precaria.
Uno stato delle cose normale avrebbe voluto (almeno per il sottoscritto) che il giovane intervistatore sorridesse brevemente, giusto una smorfietta di circostanza, si schiarisse la voce per far desistere l'onorevole dal perpetuare il suo atteggiamento spiritoso, e gli dicesse, con voce chiara e serena: "...ma parlando seriamente?". Sia ben chiaro Berlusconi avrebbe comunque, come ha fatto, dato una risposta seria (e ci mancherebbe altro!), ma almeno così avrebbe compreso che ci sono situazioni, argomenti, luoghi e contesti in cui forse (ma forse...) non è il caso di rispondere di prima intenzione con una battuta.

Poi leggo i giornali, ascolto la radio e vedo la tv, alla ricerca di reazioni. Ne trovo, come previsto: "Da italiano mi vergogno per Berlusconi", "Berlusconi è lontano dai problemi dei giovani", "La risposta di Berlusconi dimostra come non sia terminata, in Italia, la lotta di classe"... A questo punto gli occhi mi si sgranano ancor di più, quasi a rischiare uno stiramento dei muscoli facciali: Silvio Berlusconi, quello delle corna durante una foto ufficiale, quello delle barzellette raccontate in ogni contesto, quello delle sarcastiche battute agli avversari che ci fanno fare una bellissima figura all'estero, ....quell'uomo lì, fa una battuta spiritosa in prima risposta ad una domanda seria, su un problema sentitissimo, di primo piano, a cui dare soluzione, e i suoi avversari parlano di "distanze"? Di vergogna? Ma la vergogna, dannazione, non è la battuta di per sé! Lo poteva essere se non avesse dato risposta seria alcuna alla domanda, ma lui lo ha fatto...la vergogna è che per questo signore è tutta una burla, tutto può essere sdrammatizzato, tutto e sempre perlopiù!
Inevitabile, la controreazione di Berlusconi è oculata e perfetta: "I miei avversari non hanno senso dell'umorismo".
Due secoli fa, al tramonto del 1700, i cittadini di Parigi denunciavano la loro fame a Maria Antonietta, regina di Francia. E la candida sovrana rispondeva "Se manca il pane date loro le brioche". Questo è un esempio di distanza dai problemi, questo è un caso di cui vergognarsi (perché poi vergognarsi per un avversario che fa una gaffe non lo capisco proprio...ma questo è un altro discorso), di cui indignarsi profondamente. E Maria Antonietta, regina di Francia, lo ha saputo molto bene, avendoci perso la testa...
Sì d'accordo, è tutta una storiella, un mito creato dai rivoluzionari, ma è esemplare per far capire il mio discorso: in quella (vera, falsa, presunta...) risposta della regina di Francia c'era l'arroganza di chi di quei problemi non sente neanche l'odore da lontano. In quella di Berlusconi c'è la convinzione di risultare sempre e comunque simpatico, di avere sempre l'appoggio della maggioranza degli italiani, di essere un inguaribile spiritosone. E questo non è necessariamente un male. Ma, soprattutto, c'è la convinzione radicata che tutto può essere risolto con una battuta, che a tutto si può rispondere con un motto di spirito che sdrammatizzi e stemperi la tensione legata al problema. Ma che ce frega, ma che ce 'mporta! Ridiamoci su, suvvia! Un po' di spirito!

No. Io non ci sto, onorevole Berlusconi. Io non intendo ridere. Sono il primo cazzone quando si tratta di riderci su, quando l'occasione, il contesto e il buon gusto concedono questo genere di cose. Sono romano, onorevole, ben più avvezzo di lei al motto spiritoso, al sarcasmo divertito e divertente, al cinismo duro, spietato ma anche esilarante dei miei concittadini. Sono piuttosto dotato di senso dell'umorismo e vaccinato ad esso. Adoro ridere.
Ma non quando si parla di queste cose, non quando se ne parla a pochi giorni dalle elezioni, non quando si tratta di far capire a chi deve votarvi, a chi deve concedervi il potere cosa diavolo intendete fare lei e quell'altro (o quegli altri, tutti insieme...) sui problemi concreti del paese. Certo che si può anche ridere dei problemi, certo che si può e si deve sdrammatizzare. Al tempo, però. Questo lei non lo ha capito, mi sembra. O, perlomeno, sono io che non capisco come si possa riuscire ad inserire una battuta, una barzelletta in ogni discorso. Ma sì, onorevole. Forse sono io che sono sbagliato, forse sono io che sbaglio nel pensare che la mia reazione (se fossi stato io a farle la domanda) sarebbe stata quella di alzarmi, strapparmi il microfono e andarmene non prima di averglielo lanciato contro. Sono un violento, onorevole? No, sono piuttosto mansueto. Chi mi conosce sa benissimo quale sia il mio livello di diplomatica sopportazione (apprezzandola o disprezzandola), sa benissimo quanto sia incline al rifuggire al conflitto, fin quando esso non si dimostri inevitabile. Ma a tutto c'è un limite, e quando io supero i miei limiti tendo a diventare nervoso.
Supponiamo uno scenario: lei viene indagato per un qualche reato, e (preoccupato, indignato, offeso, o qualunque altra cosa) è ospite in una trasmissione. Accorato chiede al presentatore "Cosa dovrei fare io con tutti questi processi politici che mi fanno?". Non è uno scenario così irreale, in fondo, già è accaduto più o meno, no? Benissimo. A questo punto il presentatore sorride e le dice: "Beh, potrebbe farsi una legge ad personam!". Come reagirebbe? Sicuro che la prenderebbe a ridere? Oppure si indignerebbe?

Tutto ciò mi ha fatto davvero riflettere, e non solo sul buon gusto di Berlusconi, ma soprattutto sul reale grado di lettura dei fatti delle persone. Perché non sono i giornalisti, come spesso si sente dire, ma la gente che non ha ben capito il problema. Mi ha fatto riflettere soprattutto se quanto detto sopra lo si somma a quanto accaduto circa la candidatura di Ciarrapico, imprenditore romano e fascista convinto, candidato nelle file del PdL. Una polemica inquietante, uno strascico di proteste che è giunto persino a far tremare le aule parlamentari di Bruxelles, da cui qualcuno ha tuonato contro "ogni totalitarismo".
Molto bene. Sono contento, ovviamente, che il totalitarismo sia visto come un male da una schiacciante maggioranza di persone, gente comune, politici, dirigenti di partito che siano.
Ma, mi chiedo, perché ora? Perché improvvisamente ci rendiamo conto che esiste qualcuno di ancora legato ad una qualche ideologia totalitaria? Per quale motivo ci si stupisce e ci si indigna della candidatura di un fascista convinto in una forza moderata? Siamo proprio sicurissimi che in passato non ce ne siano stati di regolarmente eletti e occupanti un ruolo istituzionale, oltre che candidati? Io affatto, ce ne sono moltissimi. Ma, soprattutto, mi chiedo: avete capito bene di chi stiamo parlando? Vi siete informati come si deve sul personaggio in questione? Oltre a nutrire qualche serio dubbio sulla convinzione della fede di Ciarrapico (o perlomeno sulla comprensione di ciò che il fascismo è realmente stato, non solo da un punto di vista storico ma anche da un punto di vista meramente politico-ideologico, insomma di ciò che proponeva e promuoveva...ma questo, purtroppo per il senso della storia e per il senso della politica, è cosa comune a molti sedicenti fascisti di oggi: non basta e non significa nulla aver militato nell'MSI o in qualunque altra congrega simile per aver davvero capito!), mi sono stupito che nessuno, a parte qualche eccezione, ha parlato di quante mani in pasta ha il suddetto personaggio. Questa persona ha un curriculum giudiziario che definire notevole è poco, ha ricevuto condanne definitive, è stato indagato in tanti altri malaffari...e il problema sarebbe la sua fede politica, seppur discutibile? In un certo senso riesco a dar ragione a Berlusconi quando dice che, sì, questo è fascista ma non conterà nulla! Ma, signori, abbiamo fatto tanto, abbiamo protestato, abbiamo seguito un comico che ci spiegava quanti condannati ci sono in parlamento, e il problema di questo signore corpulento, invischiato in fallimenti, finanziamenti illeciti ai partiti, e altre cosucce, sarebbe il fatto di essere fascista?

Aspetto, paziente, di capire come si svolgerà questa strana trama politica.

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