Diritto di copia

Immaginiamo per un attimo di avere lo straordinario potere della cronomanzia, che ci permetta di andare a spasso per i sentieri del tempo come se fosse una passeggiata al parco. Immaginiamo di ritrovarci, durante una delle nostre passeggiate, in uno dei posti più interessanti dell'era in cui ci siamo imbattutti. Una terra verde che troneggia in mezzo ad una regione tutto sommato arida e desertica, grazie ai due fiumi che la incorniciano. Siamo in un'epoca remota, Roma non è neanche un'idea, il cristianesimo arriverà solo tra 5000 anni (cinquemila): questa è la culla della civiltà antica, c'è poco da discutere.
In questa terra, in un villaggio piccolo della cui ubicazione non sappiamo niente in quello che chiamiamo "presente", un fabbro ha un'idea geniale: perché non sfruttare meglio la potenza del cavallo e del bue per fargli trainare un carro? E perché non sfruttare una forma nuova, imitando i tronchi utilizzati sotto i blocchi di pietra per costruire i grandi palazzi delle città stato? Il parto ha inizio, un'invenzione che rivoluzionerà per sempre le modalità di trasporto dell'uomo, con tutto quel che comporterà (nel bene e nel male): la ruota.

Facciamo ora la parte del diavolo in questa nostra passeggiata, avviciniamoci al fabbro e suggeriamo di recarsi presto dall'autorità locale per presentare la propria invenzione. Convinciamolo del fatto che dovrà essere protetta a tutti i costi, che l'autorità dovrà necessariamente provvedere a far pagare un diritto di copia a chiunque si azzardi ad utilizzare un apparecchio simile sul proprio carro senza esplicito consenso. Il ragazzotto è un po' disturbato dall'idea, non fa parte del concetto di comunità che ha sempre conosciuto, ma lo convinciamo.

E se tornassimo nel presente, ora che la ruota ha il suo bel copyright, cosa vedremmo? Niente evoluzione, nessuna miglioria, le nostre auto sopra quattro cerchi di legno di frassino massiccio che si andrebbero spaccando dopo pochi km. Sempre che ci siano le auto, dato che gli ingranaggi dei motori derivano direttamente dal concetto di ruota...e via con il codazzo di invenzioni probabilmente mancate a causa delle royalties che non si sarebbero riuscite a pagare. Un quadro disastroso, indubbiamente...

Qui non si sta mettendo in discussione il diritto di un autore a vendere la propria idea e/o a difenderne la propria paternità, non si sta certo discutendo se sia o meno lecito impedire alla concorrenza di appropriarsi di progetti nati nei propri laboratori e di arricchirsi con essi. Ma si sta discutendo di innovazione, di progresso tecnologico, di concorrenza stessa! In presenza di un concetto di protezione dei diritti d'autore, che ingessa la possibilità di migliorare un'idea, che impedisce l'utilizzo di una pur minima apparente similarità tra progetti, tale da bloccarne anche l'evoluzione, è inevitabile l'uccisione del concetto stesso di concorrenza.
Ma non è neanche il copyright che voglio mettere in discussione in questa sede (magari ne riparleremo in un altro post, perché credo ne valga la pena). Ciò che deve essere impedito (altro che messo in discussione!) è che un brevetto sia davvero la morte della concorrenza, che in nome di quel brevetto non sia possibile neanche trarre spunto da una data idea per creare magari qualcosa di commercialmente più abbordabile e, perchè no, tecnicamente migliore.

Ho provato a spiegarlo ad un mio amico dirigente di Ikea, mentre vaneggiava di voler denunciare Apple per aver copiato il design del loro vassoio Trǿnsmæ per l'iPad. Ma non mi ha voluto dar retta...

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