La scena musicale internazionale è quel che è, diciamocelo forte e chiaro. Non che manchino buone idee e talenti da coltivare, ma la mancanza di contenuti qualitativamente all'altezza della decenza, almeno per confronto con le generazioni passate, è avvilente a sufficienza.
Lo è soprattutto per chi, nella musica, ricerca non solo facili emozioni ma anche un certo gusto, una certa tecnica e, in senso molto generale, una bellezza di fondo che sia, se non oggettiva, almeno ampiamente condivisa. Ecco, il problema è in quell'ampiezza...
Come per molti altri temi toccati in questo blog, appare evidente che la media non gode della mia stima, soprattutto quando viene calcolata su denominatori in costante espansione. Non voglio dire che la fruizione di massa sia un problema di per se stesso, quanto che la necessità di un'educazione all'ascolto sia fondativa e non complementare, come oggi sembra essere: favorire la facilità di ascolto, puntare sull'entry level a tutti i costi, tra l'altro per il semplice fatto di aumentare le vendite, non fa altro che appiattire tutto l'orizzonte ad un'unica linea produttiva.
Ma se Vico aveva un po' di ragione, l'avrà sicuramente anche in termini di storia musicale: la lirica ha sostituito - nei gusti di "massa" - la sinfonica pura, la musica leggera ha soppiantato la lirica, poi sono stati il blues e il jazz, quindi il rock, il punk e di seguito il pop...tutto è nato in oggettiva reazione all'incancrenirsi dei movimenti precedenti, al loro dissolversi o al loro rendersi così rigidi da spezzarsi alla prova dei "nuovi ascolti", mentre pian piano il mondo rendeva a disposizione gli strumenti per diffondere l'arte musicale ovunque si potesse.
Mai, però, c'è stato uno stacco netto, e non sarebbe potuto essere differentemente. Fermiamoci proprio al nostro paziente, il rock: l'imbarocchirsi delle sonorità e dei testi, o peggio l'eccessivo "impegno" (pensiamo anche al contesto storico e sociale), la deriva sperimentale e progressiva che oggi arriveremo ad etichettare come crossover, non è stata più compresa, ed è dovuto arrivare il movimento punk a rimestare il tutto a suon di bastonate allo stomaco...
Ecco, questa tendenza a mischiare le carte fino a rendere tutto incomprensibile e fumoso c'è ancora oggi, basta ascoltare un po' di cosiddetto indie per capire. Certo, non si può fare alcun confronto con lo stacco precedente quanto a qualità, perché qui - in modo del tutto opposto - stiamo affrontando un appiattimento generale su sonorità ben più facili (no, non userò "orecchiabile"...).
Aspettiamo allora i nostri punk, aspettiamo la sassata nello stagno per rimettere tutto in discussione.
Intanto continueremo ad ascoltarci i mostri dei tempi che furono.
Rock is not dead.
Lo è soprattutto per chi, nella musica, ricerca non solo facili emozioni ma anche un certo gusto, una certa tecnica e, in senso molto generale, una bellezza di fondo che sia, se non oggettiva, almeno ampiamente condivisa. Ecco, il problema è in quell'ampiezza...
Come per molti altri temi toccati in questo blog, appare evidente che la media non gode della mia stima, soprattutto quando viene calcolata su denominatori in costante espansione. Non voglio dire che la fruizione di massa sia un problema di per se stesso, quanto che la necessità di un'educazione all'ascolto sia fondativa e non complementare, come oggi sembra essere: favorire la facilità di ascolto, puntare sull'entry level a tutti i costi, tra l'altro per il semplice fatto di aumentare le vendite, non fa altro che appiattire tutto l'orizzonte ad un'unica linea produttiva.
Ma se Vico aveva un po' di ragione, l'avrà sicuramente anche in termini di storia musicale: la lirica ha sostituito - nei gusti di "massa" - la sinfonica pura, la musica leggera ha soppiantato la lirica, poi sono stati il blues e il jazz, quindi il rock, il punk e di seguito il pop...tutto è nato in oggettiva reazione all'incancrenirsi dei movimenti precedenti, al loro dissolversi o al loro rendersi così rigidi da spezzarsi alla prova dei "nuovi ascolti", mentre pian piano il mondo rendeva a disposizione gli strumenti per diffondere l'arte musicale ovunque si potesse.
Mai, però, c'è stato uno stacco netto, e non sarebbe potuto essere differentemente. Fermiamoci proprio al nostro paziente, il rock: l'imbarocchirsi delle sonorità e dei testi, o peggio l'eccessivo "impegno" (pensiamo anche al contesto storico e sociale), la deriva sperimentale e progressiva che oggi arriveremo ad etichettare come crossover, non è stata più compresa, ed è dovuto arrivare il movimento punk a rimestare il tutto a suon di bastonate allo stomaco...
Ecco, questa tendenza a mischiare le carte fino a rendere tutto incomprensibile e fumoso c'è ancora oggi, basta ascoltare un po' di cosiddetto indie per capire. Certo, non si può fare alcun confronto con lo stacco precedente quanto a qualità, perché qui - in modo del tutto opposto - stiamo affrontando un appiattimento generale su sonorità ben più facili (no, non userò "orecchiabile"...).
Aspettiamo allora i nostri punk, aspettiamo la sassata nello stagno per rimettere tutto in discussione.
Intanto continueremo ad ascoltarci i mostri dei tempi che furono.
Rock is not dead.
Commenti