I fantasmi

Il mutamento dello scenario politico generale e, nello specifico, italiano ha conosciuto indubitabilmente una violenta accelerazione negli ultimi dieci anni, abbandonando man mano alcuni vecchi schemi di riconoscimento che per oltre cinquant'anni l'hanno caratterizzato: che, oggi, ci siano oggettive difficoltà a determinare schemi e confini di ciò che fino a ieri definivamo destra e sinistra è solo una parte della questione, che ormai tende a travalicare i confini della "politica reale", per insidiare le fondamenta stesse di tutti i modelli teoretici degli apparati ideologici Novecenteschi. In sintesi, chi oggi riuscirebbe a definirsi comunista, socialista, anarchico, liberista, liberale, radicale...o perfino nazista e fascista, senza esercitare almeno un (pur, magari, malcelato o doloroso) distinguo? Parlo di qualcosa che va oltre la supposta post-ideologia che domina il moderno palcoscenico politico, quindi non del superamento della schematizzazione del pensiero ma di un suo rinnovo, una sua rinnovata mescola che, nel tempo, ha ammorbidito alcuni aspetti e indurito altri, erodendo abbastanza a fondo tutti quei castelletti da renderli a tratti irriconoscibili e, in certi casi, incomprensibili a quello che poteva essere il suo elettorato tipo.
Nel nostro Paese in particolare alcune vicende della storia hanno reso a tale processo - come a tanti altri - un'aria farsersca e del tutto sui generis da riuscire a complicare ancora di più ogni tentativo di spiegazione. Già nell'immediato ultimo Dopoguerra, infatti, la pacificazione dell'ex paese fascista sconfitto, e diviso profondamente nel suo tessuto civile, ha generato mostri le cui ombre oscure si sono proiettate (e si proiettano) fino ai giorni nostri: la necessità di rimuovere le colpe, di rigenerare un senso di unità nazionale non già a livello istituzionale, ma civile, ha portato dapprima al mescolamento delle carte, per poi arrivare ad un vero e proprio tentativo di ribaltare la realtà e di dimenticare ogni effettiva contestualizzazione dei fatti avvenuti, in particolar modo, tra il 1943 e gli anni successivi. Abbiamo quindi conosciuto, in epoca più recente, la riabilitazione di personaggi e movimenti "scomodi", all'evidenziazione martellante dei fatti di sangue più criminosi commessi dai vincitori, anche quando connazionali resistenti, fino alla rievocazione di pericoli inesistenti legati alla stessa persistenza di ideologie scomode.
Proprio questi fantasmi sono diventati protagonisti onnipresenti della scena politica, dai "comunisti" visti ovunque dal Berlusconi, fino alle accuse di "fascismo" con cui molti dei movimenti populisti odierni vengono etichettati. E da qui, oggi, si è ripartiti: la polarizzazione del consenso attorno a questi ultimi movimenti, infatti, sta generando nuovi fantasmi che, però, sono perfettamente in vita ed hanno una logica e perfettamente comprensibile ragione d'essere, vale a dire gli antifascisti.
Sta, infatti, divenendo una pratica consuetudinaria quella di trattare da pazzi stramboidi coloro che vanno a leggere la situazione attuale in una chiave che, forzosamente, vuole esser fatta passare per anacronistica: la differenza tra il Berlusconi che vedeva i "comunisti" accanirsi contro di lui e gli antifa che sentono odore di fascismo, sta nel senso delle cose. Il primo, infatti, coglieva l'opportunità per distogliere l'attenzione dai propri guai politici riversando colpe su mandanti immaginari, appartenenti ad ideologie che, in quello specifico momento storico, sembravano divenute invise ai più. I secondi - pure, talvolta, sfociando effettivamente in una sorta di fobia ossessiva dai contorni grotteschi - sanno semplicemente che, stanti i mutamenti di pelle fisiologici e di convenienza, il fascismo non è affatto morto, e che l'Italia è rimasta, in buona sostanza, un paese fascista (era lo stesso Mussolini, d'altronde, ad affermare che la sua opera si era limitata a "tirare fuori il fascismo dagli italiani"...).
Non parliamo quindi, in questo caso, della visione di fantasmi morti e sepolti, della paura di creature ormai mitologicamente inoffensive, ma di un pericolo realistico che, a tutti gli effetti, i populismi attuali stanno riportando in auge: non dobbiamo, infatti, pensare al fascismo come al movimento nato negli anni Venti, quanto all'atteggiamento di chi, assumendo atteggiamenti in vario modo aggressivi, perpetuano attacchi di diverso genere alla tenuta (pur labile e fallace, in molti aspetti) del tessuto democratico dei moderni stati. Quello di chi, sulla base di un vincolo di mandato costituzionalmente inefficace, assume posizioni menefreghiste o, peggio, soverchianti nei confronti di tutti gli altri poteri dello stato, incoronando il proprio operato a dispetto di ogni regolamento. Quello interessato ad un'emanazione esclusiva dei diritti, ad una ridistribuzione vincolata, all'accentramento incondizionato di ogni potere decisionale, anche quando non coerente con il mandato stesso.
Non è quindi solo una questione di odio ideologico.

Rimanete svegli.

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