Prendo spunto da un articolo che è spuntato ieri sui quotidiani (nel riquadro la notizia come ce l'ha Repubblica.it), ovvero la cronaca di come si sia arrivati ad una "patente a punti" anche per l'accesso agli alloggi popolari: un sistema già sperimentato per altre iniziative (vedi la patente di guida, appunto), in cui si parte da un certo punteggio di ingresso, uguale per tutti o magari calcolato sulla base di uno schema di graduatoria - come avviene per l'accesso all'istruzione, per capirci -, da cui poi nel tempo, e a diritto già acquisito, vengono decurtati o abbonati punti a seconda del tipo di infrazione o di merito rispetto ad un regolamento ben preciso.
Parliamo di un'iniziativa che sorprendentemente - almeno dal mio punto di vista - ha il favore di una buona fetta di "gente comune", tanto che qualcuno si è azzardato a spingersi fino ad ipotizzare addirittura una tessera elettorale a punti, basata principalmente sul livello di conoscenza degli elementi di ordinamento dello stato, ma non solo. E non è nemmeno un'idea del tutto peregrina, se si guarda tutto nell'ottica specifica in cui si vuole colpire chi si fa profittatore di un diritto concessogli per meriti di cui magari non gode più.
Bello quindi.
Se non si parlasse di diritti fondamentali che, in un sistema democratico e di garanzia sociale, dovrebbero prescindere da classifiche e punteggi: decidere di avere un punteggio che sia indice della disciplina al volante è cosa ben diversa dal considerare il diritto all'abitazione alla stregua di una qualificazione in coppa...pensare di standardizzare e schematizzare una graduatoria di diritto di accesso ad una determinata professione è molto diverso dalla possibilità di negare il diritto fondamentale al voto a chi non riesce ad ottenere un certo punteggio ai test...giudicare avanzamenti di carriera pubblica sulla base di una serie di punti acquisiti da ricerche, progetti e collaborazioni varie non può essere messo sullo stesso piano di una classifica basata sulla "rettitudine" civica allo scopo di concedere diritti basici o di elargire sussidi.
Chi potrà impedire l'inserimento futuro di regole strumentali ad escludere una fetta di popolazione, per categoria, etnia, censo, religione, sessualità? Come si può pensare di decidere uno sfratto, magari di una famiglia, sulla base di un punteggio?
Questa è la tendenza politica di questo crepuscolare momento storico italiano, ben dimostrata dall'introduzione di una misura si sostegno al reddito universale in una forma già distorta di suo, con un meccanismo di assegnazione e revoca basata essenzialmente sullo stesso criterio di bonus/malus, praticamente un sussidio che lo Stato graziosamente elargisce solo a chi fa il bravo bambino, a chi accetta condizioni predeterminate a prescindere dalla singolarità di ogni situazione, a chi spende quei soldi entro un certo tempo e solo nei posti che lo Stato ti dice...
Non è il modo di risolvere i problemi che pure ci sono.
Non è questa la via per l'ammodernamento dell'apparato burocratico.
Non è così che ripareremo le crepe della democrazia moderna.
La cittadinanza a punti rischia di diventare, davvero, la tomba del sistema democratico così come lo abbiamo conosciuto.
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