Il cavolo puzzone

Oggi ho voluto fare l'ingenuo e chiedermi quante domande un ingenuo può davvero evitare di farsi nell'osservare la realtà dei fatti.
Per esempio, mi è venuto in mente, supponiamo che io sia un produttore agroalimentare. Non uno con una piccola azienda agricola che vende perlopiù al vero "chilometro zero", con magari qualche variazione per la partecipazione ad una cooperativa che esporta su scala nazionale. Uno più grosso, anche molto più grosso. Un'impresa agroalimentare, un fornitore di rilievo e riferimento per i giganti del settore, con interessi di esportazione ad ampio raggio.
Ho quindi un bouquet di coltivazioni non indifferente, avendo a mia disposizione parecchia terra. Tutto sta a decidere quale coltivazione spingere di più e quale meno, perchè la grandezza dell'azienda è sufficiente a non poter più prescindere dalle richieste del mercato.
Diciamo che, tra le varie cose, produco un po' di cavolo puzzone, una roba che sostanzialmente si vende bene giusto sul mercato locale per le ricette regionali (perchè nemmeno io ho riunciato del tutto al "chilometro zero", solo che io posso permettermi di distribuire direttamente ai supermercati), e che quindi relego ad un centesimo ristretto della mia intera produzione: ha una produzione non banale, in effetti, ha bisogno di parecchia acqua e cure, che hanno un costo, ovviamente. Ma la poca gente, per quanto poca, paga, e ciò è sufficiente a ripagarmi lo sforzo.
In questo contesto è difficile che io possa reagire in tempo ad un'improvvisa variazione del mercato, diciamo perchè dal famoso talent show per cuochi provetti che trasmettono in televisione hanno cominciato a bombardare su quanto sia buono il cavolo puzzone e come si accompagna bene con la carne di uccello del fantabosco alla vinaigrette di tavernello e aceto di susine balsamiche...
Ecco, in queste vesti, mi chiedo: per quanto ingenui si possa essere, per quanto si possa essere convinti che i meccanismi di mercato siano così complessi da non poter essere ridotti ad una sola azione-reazione della domanda e dell'offerta, come si può non chiedersi come sia possibile che nemmeno poche settimane dopo il primo bombardamento mediatico sul cavolo puzzone ci ri ritrovi persino le cassette di legno degli indiani pieni di suddetto cavolaceo? Davvero, penso, ci si può arrendere all'idea illustrataci per cui la domanda, solleticata dalle fantasie culinarie di una trasmissione TV, si è improvvisamente rivolta alla ricerca di un prodotto che fino a ieri ignoravano, e che in poco tempo sia possibile soddisfarla a prezzi alti ma abbordabili, nonostante fino a ieri si vendevano solo nei mercati rionali della zona di produzione a peso d'oro? Nessuno ha l'impulso di domandarsi come sia possibile che un prodotto dal prezzo alto causa rarità, come sempre raccontato, smetta di essere raro in così poco tempo da essere venduto nei supermercati di tutta la nazione?
Me lo chiedo perchè a me, produttore, converrebbe semmai il contrario, allineandomi magari per forza ai Big che rifornisco: riempirmi i magazzini di cavolo puzzone e spingere poi per spacciarlo in ogni ricetta, così da trovarmi pronto quando tutti lo chiederanno, vendendoglielo al prezzo che io ho potere di decidere da zero.
Se poi devo sfruttare la terra che ho a disposizione per intensivare la coltura del cavolo puzzone, arruolare sempre più gente a basso costo per raccoglierlo, consumare più acqua e più prodotti per crescerlo in fretta e curarlo è solo un dettaglio, un danno collaterale.

Buona spesa

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