Discount

Quel piccolo e disordinato parcheggio seminterrato sembra ogni volta richiudersi su di te, difficile da dire se per proteggerti dal caos di lamiere e clacson pochi metri oltre o per inghiottirti in un tranquillo universo parallelo.
Chiudo la macchina e varco la vecchia uscita di sicurezza, ormai ridotta a portale di accesso per quel microcosmo di persone e insicurezze, di vite e di storie che non saranno mai raccontate, e che comunque non avrebbero orecchie particolarmente disposte ad ascoltarle.

Giro oltre le casse e acciuffo uno dei cestini che Samir, l'inserviente arrivato dal Bangladesh un paio di anni fa, ha ordinatamente impilato poco prima del cancelletto girevole di accesso. Avrà trent'anni, Samir, o almeno ne dimostra tanti, e si considera fortunato, sebbene abbia visto tradita ogni aspettativa creatagli in testa sul suo arrivo in Europa: non pensava certo - come sua madre sperava - di diventare medico e finire sulle riviste patinate occidentali, ma almeno non ha dovuto mettersi a vendere mutande su qualche marciapiede, a prendersi freddo, rancore e confidenza non richiesta. Non che gli sia mancata la sua razione di odio gratuito, deve ammettere, ma è tutt'altra cosa se hai uno stipendio fisso, per piccolo che sia. O quantomeno così gli piace pensare.

Supero la barriera di plastica delle acque minerali, ed eccola là, Rosa, settanta anni portati bene, nonostante due aborti e una vita passata in officina, senza un uomo su cui contare, dice ancora qualche residua amica - come se fosse davvero stata la soluzione definitiva alla sua esistenza - e senza aver mai sentito la necessità e la possibilità di mettere al mondo un figlio. Eccola là, che seleziona frutta e verdura col piglio del gastronomo, nonostante la scelta sia limitata ad un banco solitario illuminato dai neon del negozio, e da quella pensione che gli permette ben poco da selezionare.
Emilio è poco più in là, a rovistare tra gli scaffali delle offerte, materiale in via di scadenza presentato a metà di un prezzo altrove raddoppiato: stasera ha la responsabilità dei due nipotini che riesce a vedere ogni volta che Francesca, la figlia, ed Eugenio, il genero, decidono di prendersi il loro tempo per uscire senza prole. Germana, la moglie, sarà contenta di cucinare quei ceci in scatola per i due marmocchi, e lui sarà felice di vederli sorridere a scartare quei cioccolatini dal nome impronunciabile che somigliano tanto a quelli di marca.

Al banco dei salumi vedo già Silvestro e Anna, giovani e innamorati, come ormai solo i giovani sanno essere: sanno dimenarsi tra le offerte meglio di un volantino, da loro si deve andare se si vuole risparmiare un po'. Neanche le lauree in ingegneria, per lui, e in astrofisica, per lei, sono riuscite a garantirgli quel "qualcosa in più" che avrebbero meritato: tra il sussidio di disoccupazione per lei - contratto non rinnovato dopo la maternità - e i millequattrocento euro al mese che lui riesce a portare a casa da quel contratto di collaborazione rinnovato ad ogni progetto incassato, riescono a mettere insieme un minimo indispensabile a perpetuare la loro scenografica felicità. E si sentono privilegiati, per questo, perchè è tutti sembrano dirlo.

Gianluca, invece, vive sotto i portici di fianco all'ingresso. L'alcol, amico fedele, lo porta ogni volta fuori da quel mondo che gli ha portato via una vita che non racconta a nessuno, e lui lo ripaga acquistandone versioni di basso lignaggio a prezzi stracciati.
Almeno riesce a mettere insieme il giorno con la sera, e con pochi spicci può sfamare anche Pallino, ultimo pelosissimo e bastardo amico che gli è rimasto, unico e silenzioso interlocutore di una vita che è rimasta solo come proiezione di un mondo che lo vorrebbe almeno fuori campo visivo, a contorcersi solitario tra i suoi dolori.

Poi c'è Giulio, che ha appena chiuso le sue otto ore in ufficio e che continua a fare la spesa qui "perchè in fondo è comodo", perchè "in cambio mi fanno parcheggiare qui mentre lavoro", perchè "si risparmia e la qualità è la stessa", e che continua a trovare scuse per risparmiare quei sempre meno spicci ogni mese. Che si vergogna di far capire a casa che non può fare a meno di fare la spesa lì, che sente un peso sul petto ogni volta che tira fuori una confezione con quel logo, come se stesse portando sui piatti dei figli cibo malato, di serie B, solo per risparmiare. Come lui tanti altri, ma questo non lo consola affatto.

Ed ecco anche Margherita, che sorride ogni volta che alla cassa il conto di due pranzi e due cene non supera le 20 euro, Vincenzo, che esce ogni volta con latte, biscotti e una busta colma di cibo per i suoi gatti, Francesca, che fa scorta di caramelle per i nipoti proprio lì, Augusto, che gli affettati li prende al bancone puntando offerta per offerta...

Poi ci sono io, che spero di non sforare il budget mensile, che mi faccio bastare quanto offre questo discount dell'esistenza, che non mi vergogno, anzi, a farmi vedere qui dentro e ad essere associato a tanta esistenza spesso esiliata da quel che tutto intorno è considerato "viver comune".
Che gioco con le esistenze di chi incontro a vista d'occhio, immaginando situazioni e vite che i benpensanti non vogliono sapere, che magari proietto le mie paure sulle storie incognite degli altri, a formarmi ombre cinesi da dare in pasto ad un ego imborghesito da tenere tranquillo.

Io che mi faccio  prendere da un pessimismo solo mio, che ho la pretesa di sapere senza conoscere, ma che, forse, riesco ad inquadrare almeno un problema, a far sentire qualcuno a suo agio nel leggere queste righe.

Buona domenica.

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