Se otto ore vi sembran poche - Il "tempo pieno" e la scuola italiana (Finale di stagione)

Arriviamo dunque alla prima fermata del nostro lungo viaggio, che non si fermerà con questo post, ma che sarà arricchito e specializzato prossimamente, andando oltre gli orari.

Questo post, in fondo, sarà un post interrogativo, perchè tantissime domande si affollano nella testa di ogni genitore non appena entra in contatto con la realtà dei fatti.
Il primo dubbio è sulla reale possibilità di scelta, considerato (come abbiamo visto) che pochissime scuole in un raggio anche piuttosto ampio offrono la possibilità di scegliere il tempo normale, in funzione comunque del numero di richiedenti: perchè non organizzare differentemente il tempo? Perchè non considerare la possibilità, superate le "normali" quattro/cinque ore di insegnamento, di permettere ai genitori che non ne hanno necessità di andare a ritirare i propri figli? Mi spiego: iniziamo le lezioni alle 8.30, alle 13.00 i genitori che ne hanno la possibilità e la volontà possono ritirare i bambini, gli altri andranno in mensa e proseguiranno fino alle 16.30 (come teoricamente previsto) con lo svolgimento delle attività secondarie e collaterali, o con lo svolgimento di esercitazioni e compiti.
E invece no, non è possibile...Perchè? Molto semplice, per la discrezionalità che ormai il MISE ha lasciato ad ogni Istituto: considerando che questa discrezionalità vale (con orrori misti) anche per i programmi didattici, le "linee guida" e i suggerimenti di esperti e consulenti di turno prevedono, a tempi alterni, raccomandazioni circa il corretto utilizzo del tempo pieno, in cui sempre torna l'idea che il pomeriggio non dovrebbe essere fatto per la didattica ma per "altro". Ovviamente il tutto è disatteso con una costanza ed una precisione invidiabile, e quindi non sarebbe fattivamente possibile permettere che, in una stessa classe, due bambini facciano percorsi diversi, perchè le insegnanti non potrebbero garantire la medesima formazione. Il che è un assurdo bello e buono.

Davvero è necessario continuare le lezioni anche dopo pranzo? L'esperienza (e la statistica) ci dice che il proseguimento della didattica anche in orario post prandiale è praticamente la normalità: tra carenze di organico, progetti scolastici (spesso di valore formativo opinabile), uscite, inutili test nazionali da preparare al meglio per non peggiorare le "statistiche", e amenità varie, il tempo sembra non esserci mai, quindi il corpo docente si vede spesso quasi invitato ad utilizzare per le lezioni il tempo che dovrebbero usare per ben altro, secondo gli obiettivi dichiarati...

Ma, quindi, come è possibile che convivano tempo normale (che ormai normale non lo è più) e tempo pieno? Come possono riuscire nel tempo normale a fare tutto in tempo? Spero quantomeno che la realtà non sia desolante come sembra, e cioè che quella dello scarso tempo non diventi una scusa, anche e soprattutto (magari) per coprire la carenza di strumenti necessari ad avviare quei progetti collaterali da farsi il pomeriggio.

Andando oltre, in più, c'è da chiedersi come sia possibile sentire la necessità di assegnare compiti e attività di studio ai bambini, dopo otto ore di didattica piene: anche tralasciando il fatto che nemmeno il più stakanovista degli adulti si porterebbe a casa ore di straordinario, stiamo parlando di piccoli che hanno, tra i loro doveri, quello del gioco e del divertimento, senza contare le attività extrascolastiche, quelle sportive, per alcuni anche quelle religiose. Parliamo di bambini, avranno tutto il tempo di essere ammorbati dalle sindromi da eccesso di impegni...
Tutto questo, va detto, evitando di considerare le più moderne teorie pedagogiche (già applicate anche nel nostro paese) per cui i compiti a casa rischiano di essere dannosi di per sè.

Quello che temo, al termine di questa prima lunga tappa, è che il peso del decentramento sia stato spostato prima sui dirigenti scolastici, probabilmente fin troppo impreparati ad un ruolo manageriale su mission aziendali molto generiche (le "linee guida"), poi sugli insegnanti, pochi, poco preparati anch'essi ai cambiamenti e agli adeguamenti alle modernità più acriticamente accolte dai vari governi dell'istruzione, e infine sui bambini (e sui loro genitori, ovviamente), ultimi di una serie a pagare la solita organizzazione raffazzonata a cui tutti vogliono mettere mano, ma che nessuno si premura di sistemare definitivamente. D'altronde siamo nel Paese in cui, in piena emergenza da epidemia virale, alla proposta di fermare per un po' l'anno scolastico, si aggiungono i cori ridicoli di chi ha ben chiara l'idea di scuola come parcheggio per figli di lavoratori.

Non ho ricette specifiche, e certo non ho le competenze per fare molto meglio dei ministri che si sono succeduti, ma di possibilità per normalizzare una situazione da doposcuola istituzionalizzato ce ne sono tante, così come tante ipotesi potrebbero essere vagliate per evitare che bimbi da sei a dieci anni debbano vivere come piccoli impiegati dell'istruzione, con tanto di straordinari.
Mi viene in mente però una ricetta in particolare: siamo sicuri che tutti i soldi distratti dal pubblico per aiutare il privato a dare una mano siano soldi ben spesi?

Ecco, su questo sono certo che non ci sarà mai nulla di nuovo...

[FINE...per ora]

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