Credo di aver piuttosto esaurientemente spiegato le mie posizioni sulle tendenze medie generali del popolo italiano in termini di scelte politiche - intese ad ampio spettro come decisioni di cittadinanza più o meno attiva, non solo come pretto mezzo elettorale -, di educazioni civica e sociale e di volontà, prima ancora che di capacità, di saper leggere la situazione del proprio contesto (storico, civile, economico, sociale, politico, ecc.). Per quanto funzionale ad una certa ironia, in discussione non sono i programmi TV o le riviste preferite dalla media, non è la capacità di saper parlare correttamente nella lingua madre a preoccuparmi nello specifico, né tantomeno la vaga allergia a tutto ciò che di davvero culturale possa aver sembianza, ma sono le cause di tutto questo a preoccuparmi, perché le stesse posso produrre mostri ben più gravi di un congiuntivo sbagliato.
Sono le stesse cause - ataviche e molto ben radicate nel carattere italico a mio modo di vedere - a generare ultimamente, in controtendenza rispetto al peso sempre più marcato dato alla specificità delle proprie esigenze anche a discapito della collettività, un certo appiattimento verso quelle posizioni comuni che siano di natura più maggioritaria possibile, un po' come quei ragazzini che per sentirsi anticonformisti scelgono di vestire una divisa da ribelle che altre centinaia di migliaia di ragazzini come loro indossano, con scelte, pensieri e azione assolutamente comuni e condivise da una massa: in fondo fa ben più comodo affidarsi alla bambagia uterina di un pensiero diffuso, piuttosto che arrischiarsi a mettere la testa fuori sotto il diluvio, meglio lasciarsi che guidi la corrente, anziché tentare di capire risalendola. È in fondo lo stesso riflesso che, da sempre, fa alternativamente optare per le posizioni politiche più forti nei periodi maggiormente critici, un modo come un altro per delegare la responsabilità civiche e relegarle al solo esercizio di diritti democratici.
In più, tutto questo diventa facile pretesto per quel preficante piagnisteo che si accende al solo varcare un esercizio pubblico, o comunque gestito da enti o istituzioni direttamente coinvolte con la gestione della cosa pubblica, per quanto sicuramente non privi di difettacci incancreniti dal tempo e dalla mala gestione: non c'è mai spazio per la riflessione oggettiva, per la valutazione sincera delle storture pretenziose dell'utenza media (vedi anche Servizio alla Clientela, in parte), c'è solo da provare a gridare più forte, insieme agli altri ovviamente, e cercare di prendere per stanchezza la controparte.
In questo gioco diventa quasi scontato che qualcuno provi ad approfittarne gettando il tutto in mani private, che certamente vorranno una contropartita redditizia per venire incontro al cliente. E ciò che è più grottesco è che al cliente starà bene, nella stessa misura in cui si è disposti a pagare quei pochi spiccioli al mese in più per avere un servizio senza cui avremmo potuto vivere tranquillamente o che avremmo potuto avere gratis, soffrendo un pizzico di paturnia in più nel godercelo.
Quasi verrebbe da parafrasare il Moretti, urlando quanto ci meriteremmo i perfetti ospedali da ER coperti dalle assicurazioni sanitarie americane...o magari la perfetta capillarità del trasporto pubblico londinese agli stessi prezzi di Londra...oppure la brillante organizzazione dei servizi scandinavi comprensivi della stessa tassazione e della stessa capacità di risolvere gli intoppi estemporanei...
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