Terret et impera

Stavo seguendo un thread molto interessante su Twitter (per cui va ringraziato il sempre ottimo utente @Dark) che mi trova d'accordo in massima parte: si parla dei neanche troppo velati tentativi di shock therapy in Italia, in relazione all'attuale emergenza COVID19.

In effetti, per chi ha seguito con attenzione l'evolversi della situazione e le modalità di comunicazione istituzionale in tal senso, c'è molto da dire: martedì scorso abbiamo già detto quanto siamo stati evidentemente scarsi in capacità comunicative, da una parte, e di ricerca delle informazioni, dall'altra, cosa che in una società costantemente collegata, che si sente talmente sollevata dalle possibilità di informarsi coi nuovi mezzi da costringere a ripensare edicole e quotidiani, non sembra essere un particolare segno di maturità (tecnologica, informativa...fate voi).

Qui però la tesi diventa un'altra: senza voler scadere nel complottismo (...purtroppo è un preambolo inevitabile, quindi perdonate le ripetizioni), riesce piuttosto semplice immaginare che l'apparato statale, prescindendo dalle capacità dello specifico governo, sia in grado di convogliare o sviare attenzioni mediatiche con un certo margine di manovra. Non parlo di stampa connivente col potere, ma di abboccamenti, pasture, capacità di rifornire i vari canali informativi in vario modo e secondo le specifiche esigenze: volendo mettermi sullo stesso piano di chi dubita di tutto ciò che arriva da certi paesi (Russia, Corea del Nord, Iran...Cina, appunto!), si potrebbe dire che se vale per loro non può non valere per i "buoni regimi democratici dell'Occidente", almeno se e quando il movente è la stessa tenuta democratica. Visto, quindi, che un'epidemia di un nuovo virus apparentemente molto rapida nella sua diffusione avrebbe potuto mettere in ginocchio il tessuto sanitario, prima che quello produttivo, del Paese, quale occasione migliore per indirizzare l'informazione?
Dunque, mi chiedo, è davvero possibile che si sia andati incontro a vere e proprie crisi di panico della cittadinanza, a fronte di un'informazione errata e ansiogena, come detto, e che non si sia potuto fare nulla contro di questa? Possibile che solo dopo una settimana di allarmismo e di cronache minuto per minuto solo ora ci si sia resi conto dei pericoli sociali del panico, più che del virus stesso?

I dubbi aumentano proprio a giudicare dalle reazioni istituzionali, dalle risposte pratiche all'emergenza: normalizzare l'anomalia è la prima cosa, procedurare ciò che normalmente non sarebbe procedurabile...solo che qui ad essere normalizzate sono le misure contingenti all'emergenza stessa, la palla al balzo ideale da cogliere per far passare in deroga azioni che, in altri contesti, sarebbero passate con mille distinguo.
Nemmeno il giochetto del "Niente panico...ok panico! Ma non facciamoci prendere dal panico..." che sembra essere in corso ci fa stare particolarmente tranquilli, con l'impressione che lascia di un lavoro di lenza funzionale agli scopi di cui sopra.

Non vorrei, insomma, che si debba arrivare a pensare che un po' di panico potrebbe essere considerato salutare per l'economia degli scopi politici e delle istanze della classe dominante. Ma tutto sembra ricondurre a questo.

Non facciamoci prendere dal panico, ma teniamo alta la guardia, ci dicono: già, dico io, in tutti i sensi...

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